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Ditemi che cosa c’è oltre i miei anni

Scritto da Federico Spano

5 Dicembre 2020

di Federico Pintus

Mi sa che quello che posso chiedere agli adulti è di dirmi cosa chiedergli: non mi sento, ora che sto a scriverne, di avere assolutamente niente da domandare a quel vostro altro mondo; non ho curiosità – talmente sono chiuso nel mio, che poi sta in una specie di via di mezzo, né troppo dentro l’adolescenza che gli sarebbe di pertinenza, né tanto nel mondo adulto cui, per avversione al suo posto ideale, tende. Davvero, non riesco ad appassionarmi fuor del mio mondo personale. Ed allora, a ben pensarci, ditemi, voialtri che state al di là, cos’ha di bello il vostro mondo? Cosa c’è di là da quella barriera ideale che gli anni non sanno trattenere, che nemmeno il presunto assoluto – il tempo – può segnare concretamente, impedendo ai suoi eventi di correre ad anticiparsi al di qua, o di sfuggire infantilmente lontano nell’età? Ed anzi, visto che ciò che lo definisce è così mutevole e può evaderne, sempre a ritenere che “adulto” sia più che un nome, ditemi, chi siete voi? Davvero vi si può credere un gruppo ampio? Davvero siete voi tanti distinti come le stelle del cielo, tali che neppure si può avere un’idea di ciascuno preso da solo affianco a tutti gli altri, eppure resi comuni da qualcosa di tanto intimo, di tanto viscerale che nemmeno lo sapreste descrivere, e che pure esiste, e sapete esistere, se non uguale, di somiglianza quasi uguale in ciascuno di questi altri che neppure sapreste pensare?

E quindi, adulti, visto che il mio compito è chiedervi qualcosa, e, se voglio sperare in una risposta, devo avere orecchie che mi sentano, e lingua che mi parli, voi esistete? E cioè, voi siete adulti, o magari siete solo voi? O magari siete solo uomini diversi (e neppure troppo) da chi foste prima? O magari ancora, siete sempre gli stessi che prima, ma ora vi siete convinti di dover essere altri, e c’è un apollineo razionale che aspira ad essere quel che, per bisogno di società, avete imparato a dover essere, che cammina tenendo la mano ad un dionisiaco che non può sapere di dover essere altro da sé, e che quindi solo è chi è, ed era?

Ditemelo, per favore, perché io non lo so, e se in voi è bellezza, allora la desidero, e l’attendo quale attendo che si palesi nei suoi attimi quella che già è nel mio mondo; ma se in voi non è più che un’idea, la cui forma è fissità delle forme, la cui espressione non è vita, la cui esistenza è un sogno posto lì dalle mani aliene di un fabbricatore divino, per nascondere l’esistenza – beh, allora non è cosa per me; dunque, s’è così, ditemelo, perché non perda tempo dietro uno specchio, ed i titani non uccidano Dioniso bambino per un giorno ancora.

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