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Breakthrough Starshot e le vele fotoniche

Scritto da Michele Spissu

26 Gennaio 2021

Se credete che per ora la più grande sfida dell’uomo sia mettere piede su Marte, vi sbagliate! Nel 2016 il miliardario Yuri Milner, con il cosmologo Stephen Hawking, annunciarono l’inizio di Breakthrough Starshot, progetto con l’obiettivo di realizzare la prima missione interstellare attraverso l’invio di sonde verso Proxima Centauri, l’astro più vicino al nostro sistema solare.
I problemi tecnici da superare sono diversi, a partire dal fatto che nessun tipo di razzo tradizionale avrebbe successo nell’impresa, infatti i ricercatori hanno escogitato una soluzione che sembra rasentare la fantascienza: vele fotoniche. Il fotone è la particella elementare di cui si compongono tutte le onde elettromagnetiche (dunque anche la luce). Malgrado questi siano privi di massa, come le particelle che invece la posseggono, sono capaci di trasportare energia e quantità di moto.
Questo vuol dire che, per quanto piccola, la luce esercita una pressione sulle superfici su cui viene riflessa: tale fenomeno è definito pressione di radiazione. Nella vita di tutti i giorni è impossibile percepirlo, ma nello spazio vuoto dove l’attrito è inesistente, questa forza ha la sua rilevanza. Basti pensare che una sonda in viaggio verso Marte potrebbe subire una deviazione di 15.000 km se la pressione dovuta alla luce solare non venisse considerata. A introdurre il concetto di vela solare fu Keplero nel XVII secolo, ma solo dopo una pubblicazione del fisico statunitense Robert Forward è nato un serio interesse in tali congegni.
Tutto questo ha portato nel 2010 al primo completamento con successo di una missione con vela solare (IKAROS). Le così dette vele fotoniche sostanzialmente sfruttano la luce, così come le barche a vela fanno col vento; ma capiamo bene che questo sistema di propulsione richiede sonde leggerissime e, pertanto, la loro elettronica è del tutto miniaturizzata (non a caso le sonde della flotta di Starshot sono state chiamate Star, Al di là della sonda, la stessa vela dovrà essere molto leggera e grazie a materiali come il grafene, sarà possibile costruirle di diversi metri, ma composte da appena poche centinaia di atomi. La luce solare non sarà sufficiente a spingere queste sonde fino a Proxima Centauri in un tempo ragionevole, per questo è stata ipotizzata la costruzione di una batteria di laser sulla terra, distribuiti nell’area di 1Km e con una potenza complessiva di 100 GW (per renderci conto: la potenza media di una centrale nucleare è di 1GW). Questi consentiranno alle sonde di accelerare fino al 20% della velocità della luce, in modo che sia possibile percorrere in una ventina d’anni i 4,37 anni luce che separano il Sole da Proxima Centauri. Per ora Milner ha già investito 100 milioni di dollari per lo studio iniziale e, con una spesa tra i 5 e i 10 miliardi, ha stimato che il lancio potrebbe avvenire intorno al 2036. Ancora sono tanti i passi da compiere, prima di poter definire la specie umana interstellare, ma forse, dopo questa lunga attesa, l’uomo può dirsi finalmente “puro e disposto a salire alle stelle”.

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