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Il ping pong metafora della vita: gioca la tua partita

Scritto da Edoardo Peronnia

3 Febbraio 2021

PING PONG

Il ping pong è uno degli sport più diffusi nel mondo, nonché una specialità olimpica che emoziona migliaia di appassionati.

Si gioca al chiuso, il campo di gioco è un tavolo che vede contrapposti due avversari muniti di racchetta. Vince chi totalizza per primo un punteggio di 11 punti, oppure, in caso di pareggio, chi ne totalizza 2 più dell’avversario.

Il ping pong è uno sport veloce, che ho sempre visto giocare più nella testa dei due avversari che sul campo di gioco, questo perché bisogna avere la velocità di capire la direzione della pallina, e la prontezza di afferrare le intenzioni dell’avversario, per effettuare il “salvataggio”, e riuscire a fare punto e perché no, vincere.

Chissà perché, ma io il ping pong lo considero come metafora della vita. Ognuno di noi ha un antagonista, un avversario, che però non è necessariamente un’altra persona; il nostro avversario può essere un vizio, un complesso, una timidezza o semplicemente la bassa autostima, che va a braccetto con la paura del giudizio degli altri.

Il campo di gioco lo immagino come il luogo nel quale viviamo la nostra esistenza, dove giochiamo partite più o meno difficili, dove la possibilità di incontrare un avversario al di fuori della nostra portata si fa concreta. Anche se questo campo è circoscritto, molti non lo percepiscono come tale (i pessimi giocatori), e giocano in difesa ogni partita, nella speranza che l’avversario commetta qualche passo falso per non soccombere.

La rete invece è l’esperienza invalidante, la brutta percezione di se’ di non essere all’altezza  al lavoro, a scuola, in ogni campo d’azione, anche in una relazione. La rete però deve essere scavalcata se si vuole vincere la partita.

La pallina è l’occasione. Un’occasione che spesso è irripetibile e che puoi scegliere di giocare bene, di mandare oltre la rete, con un consapevole lavoro interiore: allenamento, metodo, determinazione e fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.

Le racchette sono il mezzo. Nel ping pong della vita tutti abbiamo una racchetta in mano, c’è chi la sa impugnare e usare bene, chi benino e chi per niente. La racchetta può essere una dote innata, un’intelligenza fuori dal comune oppure una competenza ottenuta grazie al duro lavoro. Ogni giorno con la nostra racchetta in mano facciamo quella schiacciata che ci porta ad essere più o meno “vincenti” a fine giornata, e che ci definisce come persone nella partita quotidiana.

Il giocatore sei tu. Ognuno gioca la partita a modo suo: c’è quello che vive la partita di tecnica, chi la vive di emozione e chi in maniera del tutto razionale e calcolata.

Ma la partita non è tutta qui, non si gioca solo sul campo, non esiste solo la competizione tra i due contendenti al premio. La partita si gioca anche sugli spalti dove c’è il pubblico, cioè le altre persone che a vario titolo fanno parte della nostra vita. Il pubblico, lo stesso pubblico che non ha idea del duro lavoro, delle ore di allenamento e dei sacrifici fatti anche solo per “giocarla quella partita”, è quello che quando i giocatori entrano in campo tifa uno dei due e fischia l’altro. È lo stesso pubblico che non perdona nemmeno un errore, neanche uno piccolo.

Ma alla fine chi vince? Vince il giocatore che, impugnando saldamente la sua racchetta, nella maniera più corretta possibile, riesce ad ignorare intimamente i fischi del pubblico, e con determinazione e concentrazione visualizza l’obbiettivo finale e, liquidando con un’occhiata distratta il pubblico severo, porta a casa il risultato dando un senso a tutte quelle ore di duro lavoro, alla fatica fatta e al tanto impegno.

Nella vita abbiamo da giocare almeno una partita al giorno e tanti tornei, e per vincere ci si prepara con metodo, si tratta bene la racchetta, si supera la rete con quell’eleganza che cancella lo sforzo e non si ha paura di battere la pallina.

Il vincitore sa di se’, mentre il pubblico a fine partita, volta le spalle e se ne va.

 

Edoardo Peronnia

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